Innevamento programmato: cos’è e come funziona

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Grandi e piccoli comprensori sono (quasi) tutti dotati ormai di cannoni per l’innevamento programmato. Innevamento che da anni si è rivelato come una vera e propria produzione a livello industriale. Ai posti di comando di queste macchine per la fabbricazione di neve artificiale, ci sono addetti agli impianti molto specializzati.

Proviamo a scoprire qualcosa di più su questo argomento che è molto attuale.

Oggi siamo ben lontani dalle prime postazioni per l’innevamento programmato degli inizi anni ’80. All’epoca l’impatto sulla clientela non era molto positivo. Una stazione in cui veniva la neve era programmata (ovvero “sparata”), era sinonimo di una stazione in cui mancava la neve naturale ovviamente.

Un’inversione di tendenza si è, invece, verificata paradossalmente negli ultimi anni, a causa di un clima abbastanza imprevedibile. La messa in funzione di questi impianti titanici riesce a garantire un innevamento sufficiente per aprire le piste. Avere delle installazioni di innevamento programmato è diventata dunque una necessità, a cui nessuna stazione può più permettersi di rinunciare, per garantire la presenza di neve durante i mesi invernali. Inoltre l’innevamento artificiale ha anche dei costi, per cui solo le stazioni con più disponibilità possono permetterselo.

I maestri della neve

Gli addetti ai cannoni che imbiancano di neve artificiale le nostre piste, sono i maestri della neve. Nell’ombra, tra computer, pompe, frighi e compressori riproducono il lavoro della natura, ovvero quello di ricreare l’esatta composizione della neve. Hanno la stoffa di Mac Gyver: idraulici, informatici, sterratori, meteorologi, nivologi, devono sapere fare un po’ di tutto! In Francia ci sono corsi specializzati nei licei di St Michel de Maurienne, da noi un corso di laurea in Valorizzazione e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano alla Facoltà di Agraria di Milano, si occupa di temi legati al futuro della montagna e quindi all’innevamento programmato, anche se spesso la formazione vera, si fa come sempre sul campo.

La loro missione? Occuparsi di gestire gli impianti di innevamento programmato e il buon funzionamento delle installazioni 24 ore su 24. Senza la loro sorveglianza, i “maghi della neve” si ritroverebbero con delle immense placche di ghiaccio ai piedi delle macchine produttrici di neve, i cosiddetti cannoni. Sono quindi, in poche parole, responsabili della qualità della neve. E di conseguenza della soddisfazione degli sciatori, aspetto non facile!

Data la complessità dei terreni, la vastità dei comprensori e un clima sempre più anomalo, questa figura professionale è sempre più richiesta anno dopo anno.

Innevamento programmato: cos'è e come funziona

Come funziona la produzione di neve?

La ricetta per produrre neve artificiale è abbastanza semplice, gli ingredienti sono: acquaaria e del freddo, semplice no?

Il principio di fabbricazione della neve artificiale imita in effetti quello della formazione di quella naturale. Nelle nuvole l’acqua non gela mai, neanche a bassissime temperature. Questo strano fenomeno si chiama sopraffusione. Tuttavia, durante la caduta, la gocciolina d’acqua incontra delle particelle di qualche micrometro. Delle piccolissime polveri che vanno a produrre una reazione che si chiama nucleazione. Il risultato di questo processo è che le gocce si congeleranno intorno alle polveri per formare dei nuclei di ghiaccio: i famosi fiocchi di neve!  Quando i cristalli saranno ben appesantiti, allora cadranno giù.

E cosa centra la produzione di neve artificiale con tutto questo? Le macchine produttrici di neve o i cannoni “polverizzano”, o se preferite spruzzano, nell’aria delle gocce a una pressione che va dai 20 agli 80 bar, ma l’acqua non gela immediatamente. Come in natura, infatti, bisogna riprodurre la nucleazione per ottenere dei cristalli. È a questo punto che gli addetti agli impianti di innevamento programmato intervengono: dovranno, infatti, mischiare dell’aria con l’acqua sotto pressione. La più piccola quantità d’acqua iniettata si atomizza in particelle. Al contatto con l’aria fredda queste particelle si solidificano e formano infine dei fiocchi di neve, magia! Se la temperatura esterna è poco bassa, il cannone produrrà soltanto un misero getto d’acqua, tipo una fontana. Bisogna, dunque, attendere delle temperature fredde tra i -2° C e i -12° C e un tasso di umidità intorno al 20% per sperare di ottenere dei risultai efficaci.

Skier sking in snow blowing
©Shutterstock

Vietato produrre neve con additivi chimici

Diversi anni fa le stazioni sciistiche, soprattutto ai tempi dei pionieri della neve artificiale negli anni ’80, utilizzavano una proteina criogenica dal nome piuttosto inquietante: pseudomonas syringae. Scoperta nel 1975 negli Stati Uniti, la sua azione modificava le molecole d’acqua e favoriva la loro cristallizzazione, anche in caso di temperature non basse. Questa molecola era concentrata in un prodotto che si chiama snowmax. Ne ritroviamo delle tracce nel suolo? Sembra di no, per fortuna. La messa in opera di questo prodotto era così complicata che tutti i tentativi di una sua diffusione sono stati rapidamente abbandonati.

La legge ha poi posto rimedio all’uso di additivi chimici per la produzione di neve artificiale, proibendone l’utilizzo. In ogni caso la potenza degli spruzzatori odierni è tale che l’utilizzo di questa sostanza risulta essere completamente obsoleto. L’unica cosa di cui hanno bisogno le macchine da neve è aria mischiata ad acqua, e questo suona molto meglio per tutti noi.

Le “controindicazioni” da limitare nel futuro…

Il risvolto negativo nel produrre neve senza additivi riguarda il delicato equilibrio che c’è tra innevamento artificiale e impatto ambientale. Ci vuole tanta acqua per innevare le piste da sci. Considerate che 1 metro cubo d’acqua permette di produrre 2 metri cubi di neve. Per questo bisogna conservare questo prezioso liquido. I laghi artificiali e le dighe forniscono l’acqua necessaria alla produzione. Sono alimentati direttamente dai torrenti e dai fiumi che scendono dalle montagne, per cui, forzatamente il corso naturale dell’acqua viene interrotto. La quantità d’acqua che normalmente scende a valle non è più la stessa e quindi potrebbe verificarsi una mancanza di acqua.

Secondo il WWF, in Italia occorrono circa 95 milioni di metri cubi d’acqua per innevare le piste. Questa cifra corrisponde più o meno al consumo annuo di acqua di una città di 1,5 milioni di abitanti. Un prelevamento d’acqua piuttosto importante in un periodo dell’anno, l’inverno, in cui l’ecosistema montano si trova in una fase di siccità e necessita di tutta l’acqua disponibile!

In più la neve artificiale ha fiocchi fini e resiste di più alla fusione primaverile. Questo comporta che delle vaste porzioni di terreno rimangono innevate anche tardivamente, turbando così il ciclo di fioritura. Questo senza contare il dispendio di energia elettrica che la produzione di neve richiede e i costi di costruzione e di mantenimento degli impianti. L’aspetto più impattante è che questa produzione non sembra arrestarsi, anzi quasi il 70% delle piste italiane è oggi coperto da innevamento programmato.

L’impatto sull’ambiente è lontano dall’essere vicino allo zero, ma dato che sembra impossibile pensare di abbandonare questa pratica, vista la mancanza di neve naturale, occorre trovare un compromesso tra le necessità dell’economia e l’ecologia.

In Trentino, ad esempio, l’energia elettrica per la produzione di neve artificiale, viene prodotta con l’energia solare. Sono in corso nuovi studi per la produzione di macchinari per l’innevamento programmato che permetteranno la produzione di neve artificiale anche con temperature sopra lo zero e tassi di umidità alti. Un passo in avanti che fa ben sperare per il futuro.

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